Il pugile che non amava far male

C’era una volta un giovane soprannominato Colosso, per la sua statura e forza.
Fin da quando era bambino, Colosso aveva sempre ammirato i pugili e sognava di diventare un campione di boxe un giorno.
Aveva visto tanti combattimenti in televisione e si era ispirato ai grandi campioni che dimostravano forza e coraggio sul ring.

Quando Colosso decise di intraprendere la carriera di pugile, si iscrisse a una palestra locale e cominciò ad allenarsi duramente.
Tuttavia, aveva un grande timore che lo affliggeva ogni volta che si trovava sul ring: aveva paura di ferire gli altri pugili durante gli incontri.

Colosso, seppure impressionante, era un ragazzo gentile e pacifico nella vita di tutti i giorni, e il solo pensiero di colpire qualcuno con forza gli procurava un profondo senso di disagio.
Era consapevole che la boxe era uno sport di contatto e che la sua paura era contraddittoria con la passione pugilistica.

Nonostante questo, Colosso non si diede per vinto.

Decise di affrontare il problema e ne parlò con il suo allenatore.
L’allenatore comprese le preoccupazioni di Colosso e decise di adottare un approccio diverso per aiutarlo a superarle.

L’allenatore iniziò a concentrare l’addestramento di Colosso su come evitare i colpi degli avversari e sfruttare la sua agilità e resistenza.
L’obiettivo era far sì che Colosso riuscisse a far sì che i suoi avversari si stancassero, senza mai colpirli.

Gli allenamenti si concentrarono sull’abilità di Colosso di schivare, sfuggire e stancare l’avversario senza recare danni.

Con il tempo, Colosso sviluppò una tecnica di movimento fluida e una grande resistenza unica al mondo.

Durante gli incontri, utilizzava la sua abilità di evasione per sfuggire ai colpi degli avversari e continuava a muoversi costantemente, costringendo gli avversari a sprecare energia.

Alla fine, l’avversario si trovava esausto, senza aver mai subito un colpo diretto da Colosso, l’avversario crollava a terra sfinito e Colosso vinceva per KO ogni suo incontro.